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    • skirruroberto

    Come sono state costruite le piramidi?




    Teorie classiche sulla costruzione delle piramidi

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    Sono centinaia le teorie che si sono accumulate nel corso dei decenni, sulla costruzione delle piramidi di Giza. Ipotesi proposte da egittologi, archeologi, ingegneri, architetti, appassionati, semplici dilettanti o visionari. Alcune teorie sono davvero bizzarre, come quella del sistema di trasporto dei blocchi di pietra su acqua attraverso canali, legati a vesciche di mucche piene d'aria che li tenevano a galla. Per non parlare poi di astronavi che costruirono il tutto in meno di un anno.


    Ma rimanendo con i piedi per terra, ci sono diverse teorie “classiche”, che meritano grande attenzione, come ad esempio l'ultima di Jean-Pierre Houdin, che ipotizza un percorso a spirale interno alla piramide, che ha anche il pregio di analizzare nel dettaglio molti aspetti pratici. Tuttavia, dall'analisi di molte teorie, se da una parte ci si concentra sui “massimi sistemi”, dall'altra si tende a scordare aspetti apparentemente semplici, magari ritenuti superflui o scontati, che hanno a che fare con la pratica e l'esecuzione materiale dei lavori tipici di un cantiere edile. Alle volte sono aspetti e fasi costruttive, che possono venir meglio compresi da un semplice capomastro, (che magari ha passato la vita sui ponteggi), che non da un rinomato architetto a cui manca però la pratica quotidiana della polvere e dello spostare un peso da un posto ad un altro sotto il sole.


    Ho passato oltre 50 anni della mia vita lavorando da geometra e impresario edile, costruendo case, palazzi, fornaci e capannoni, fognature e strade, confrontandomi quotidianamente con operai, ponteggi, carichi, problemi tecnici e logistici da risolvere, e coronando infine la mia esperienza con una laurea in Urbanistica a 72 anni. Amando, come moltissimi di noi, l'archeologia e in particolare l'antico Egitto, ho provato anch'io a confrontarmi con questo affascinante mistero e propongo alcune riflessioni che spero siano d'ulteriore spunto alla soluzione del “come sono state costruite le piramidi?”.




    Evoluzione delle teorie


    La prima spiegazione la fornisce Erodoto, riferito alla piramide a gradoni di Saqqara, costruita muovendo i blocchi con tronchi di legno e alcune gru usate per tirarli su, aiutati da leve per sistemarli in posizione. Continuava Diodoro Siculo, facendo menzione alla pietra trasportata da grandi distanze e messa in opera con rampe, poi portate via con l'acqua del fiume, il tutto fatto da 360 uomini in 20 anni. L'ipotesi di leve e rampe è condivisa anche da Lehner, Arnold e Isler, ma le rampe, a prescindere che siano a zig-zag, dritte o ad ”L”, sembrano una spiegazione non praticabile, per via del fatto che lo stesso volume delle rampe sarebbe stato più grande della piramide stessa. Si aggiungono altre teorie, spesso accompagnate da prove pratiche sulle leve e i massi, come ad esempio il metodo di Isler o quello di Hussey-Pailos, a cui si aggiungono quelle della Obayashi Corporation, che ha ipotizzato la creazione di blocchi di cemento trascinati e che cerca di dare anche una spiegazione sul trasporto degli stessi.


    Le ultime teorie cambiano completamente approccio, considerando l'ipotesi di corridoi e rampe interni, a forma di spirale, una per tutte quella di Houdin. Occorre anche ricordare la teoria del Davidovits, che ipotizza i massi creati in loco con una specie di cemento di calcare, al posto dell'estrazione di massi dalla cava, teoria però sconfessata della maggior parte degli studiosi. Vanno ricordati anche gli esperimenti sempre di Lehner e Hopkins che si cimentarono nella realizzazione di una piccola piramide per cercare di dimostrare tempi e metodi costruttivi.


    Si sprecano inoltre le teorie circa il tempo e il numero di operai, impiegati per costruire le opere. Si parte dal matematico Mendelssohn, con 50.000 uomini, proseguendo con Borchardt e Croon che affermavano ne bastassero solo 36.000, fino ad arrivare a Daniel, Mann, Johnson & Mendenhall che fissarono a 14.567 tale numero (notare la precisione, come si può essere così sicuri?). Altri studi furono portati avanti da Deny Stoks, circa il numero di persone per spostare un solo blocco, e quello di Parry che ipotizza l'utilizzo di una macchina simile ad una culla, che permetteva di far rotolare i massi.


    Sicuramente in tutte queste teorie si possono trovare alcune spiegazioni valide su alcuni punti, ma spesso aprono nuove domande che le rendono insufficienti a convincere tutti, una volta per tutte. Anche la mia teoria tenta di dare un contributo, pur sapendo che, come tutte le altre, può creare forse più nuove domande che risposte certe.




    La cava della piramide di Cheope


    Molto spesso ci si è concentrati solo sulla costruzione delle piramidi, dimenticando di ragionare anche sui luoghi di estrazione dei materiali di costruzione. A seguito dei recenti scavi di ricerca sulle origini della Sfinge, un gruppo di archeologi, diretti dall'egittologo egiziano Zahi Hawass, a poche centinaia di metri dalla piramide di Cheope, hanno rilevato un’immensa cava d'estrazione di blocchi d'arenaria, gli stessi usati per la costruzione della piramide. 2.5 milioni di questi blocchi, dal peso variabile dagli 800 kg alle 2,5 tonnellate furono tagliati e trasportati per erigere l'opera.

    A mio avviso una scoperta sensazionale!


    La scelta d'estrarre il materiale, quanto più vicino possibile al cantiere, permetteva di ridurre il tempo di trasporto, rispetto a quello ipotizzato da cave più lontane, attraverso la via fluviale. Da sempre nel passato il materiale di costruzione veniva ricavato nelle immediate vicinanze del cantiere, essendo l'energia disponibile solo quella fornita dai muscoli degli operai e dagli animali da tiro. In molti centri medievali d'Italia (ad esempio Sassari, la città in cui vivo), il materiale da costruzione era ricavato dalla scavo della stessa cantina sottostante. Solo quando l’estratto in loco non era sufficiente, lo si prelevava dalle cave vicine. Ma a Giza la cava per la piramide di Cheope era vicina ed inesauribile. Oggi la cava della piramide è interamente ricoperta di sabbia e il rinvenimento di essa ha permesso inoltre di accertare che la Sfinge è stata costruita molti secoli prima delle Piramidi.


    La cava d'estrazione dei blocchi d'arenaria (vista dal fondo)



    Il trasporto dei blocchi estratti da una cava posta sotto il livello del terreno, avveniva, avviene e avverrà sempre dal basso verso l’alto, di solito per mezzo di rampe create sui lati della stessa cava.


    La cava d’estrazione dei blocchi, vista dall'alto e sullo fondo la piramide in costruzione



    Il traino avveniva con animali da tiro aiutati da uomini. A mio avviso lo spostamento dei blocchi avveniva su carri con ruote sul terreno solido, ma sulla sabbia, poiché le ruote sono inutilizzabili, si ricorreva a slitte, come è raffigurato in diversi dipinti.


    Dipinto originale che rappresenta il traino di una grande statua su terreno sabbioso.

    Tomba di Djehutihotep (XII dinastia)



    Nella raffigurazione si nota che per rendere la sabbia più solida e scorrevole, un operaio getta acqua sul percorso della slitta. Tale sistema veniva utilizzato per il trasporto di manufatti ciclopici, ma anche di semplici blocchi di costruzione di varie dimensioni, come è dimostrato in molte raffigurazioni note, ad esempio, il traino di un blocco di calcare dalle cave di Maasara (o di Tura), distanti circa 20 km da Giza.


    Trasporto di un blocco di calcare di dimensioni di ca. 1,5 x 1 x 2 m. dalle cave di Maasara



    Tuttavia, pur non avendo rinvenuto (ancora) dipinti con carri da trasporto pesante, ritengo che la ruota fosse utilizzata non solo per i carri da guerra, ma anche in altri impieghi della civiltà egizia, come nelle costruzioni. Sarebbe davvero bizzarro ipotizzare che gli Egizi non fossero in grado di concepire assi e mozzi sufficientemente resistenti da permettere il trasporto di blocchi pesanti.


    Ipotizzando trasporti di blocchi da 2-3 tonnellate cadauno, si avrebbe un carico su ogni mozzo e ruota di circa 500-700 Kg. In linea teorica un trasporto assolutamente fattibile, anche con assi di legno, senza metallo. Non credo che la disponibilità di legni durissimi dovesse essere così difficoltosa all'epoca. Inoltre, inserti in rame o bronzo, potevano essere assolutamente utilizzati per rinforzare gli assi e i mozzi.


    Dipinto di un faraone sopra una biga da guerra. Gli Egizi conoscevano la ruota.


    Uno studio puntuale sulle differenti tipologie di trasporto sarebbe importante. Nella presente analisi non abbiamo inserito ricostruzioni di barche e chiatte, che, come risaputo, vennero ampiamente utilizzate per il trasporto dei blocchi. Tuttavia, se da una parte è innegabile che il trasporto fluviale giocasse un ruolo fondamentale, è anche vero che l'ultimo miglio dovesse venir fatto quasi sempre su terra.


    Carro e slitta per trasporto blocchi da costruzione




    La mia teoria sulla costruzione delle piramidi



    La piramide di Cheope è costituita da due componenti principali, ovvero la struttura interna, costruita con circa 2.500.000 blocchi parallelepipedi sbozzati grezzamente e il rivestimento esterno, in calcare duro di Tura, costituito da altri blocchi, perfettamente sagomati e lisciati a forma di trapezio rettangolo. La teoria che tenterò di dimostrare ipotizza che la costruzione dell'anima interna e il rivestimento esterno della piramide, procedessero necessariamente in contemporanea. In particolare, la piramide di Cheope culminava con il Pyramidion, che comportava la presenza di una piazzuola di circa 11 x 11 metri sulla cuspide della piramide a 140 metri di altezza.


    A mio avviso, la prima fase di costruzione consisteva nel tracciare il perimetro della piramide, posando il primo strato di massi finemente lavorati di calcare duro dalle cave di Tura. Quindi si procedeva a riempire lo spazio delimitato, con blocchi d’arenaria sbozzati grezzamente creando una prima platea. I massi di Tura, finemente sagomati a forma di trapezio rettangolo, venivano posti in opera con il lato esterno obliquo a 51° 19’, corrispondente alla pendenza stessa dei lati della piramide pari al 126%. I 4 blocchi cantonali opportunamente rifiniti definivano contemporaneamente anche l'inclinazione dei lati della piramide.


    E’ logico pensare che mentre si procedeva al perfetto tracciato della perimetro, le varie squadre di operai potevano accatastare centinaia di blocchi grezzi d’arenaria all'interno del quadrato di base per non rallentare i lavori e non intralciarsi a vicenda.



    Blocchi esterni di rivestimento delle piramidi

    Notare la precisione dei tagli e il grado di rifinitura della superficie



    Prima d’iniziare la posa dei 4 cantonali, sarà sicuramente stato necessario formare il piano d’imposta perfettamente a livello dei quattro lati della piramide, lunghi ognuno 230 metri. Ciò poteva essere fatto, a mio avviso, solo con l’uso dell'acqua.


    Tracciato planimetrico con canalina ad acqua di livellamento

    del piano di posa dei blocchi di rifinitura esterna



    Pertanto dopo aver spianato e tracciato il perimetro esatto della piramide (lasciando al centro il rilievo di una preesistente collina), probabilmente è stata scavata una canalina nella roccia, in aderenza alle 4 lenze usate come perimetro della piramide, che riempita d’acqua, avrebbe indicato l’esatto livello della prima fila dei 4 lati, con blocchi di Tura perfettamente squadrati.


    Tracciato planimetrico con canalina ad acqua di livellamento

    del piano di posa dei blocchi di rifinitura esterna




    Posa delle 4 pietre cantonali con l'angolo esterno di 51°19’ che determinano l'inclinazione finale dei 4 lati


    Il glisigoniometro e l'allineamento dei 4 angoli

    Per rendere possibile una costruzione in contemporanea, ovvero il nucleo di blocchi grezzi interni e il rivestimento esterno, è necessario riflettere anche sul procedimento costruttivo con quali strumenti hanno direzionato i 4 angoli della piramide, affinché convergessero esattamente alla cuspide piramidale a 147 metri di altezza, con tolleranza d'errore pari a zero.


    Se si prendessero per buone le teorie delle rampe, come sarebbero riusciti a traguardare la cuspide della piramide, con in mezzo le rampe laterali o a zig-zag, che avrebbero ostruito la visuale al tecnico che dava gli allineamenti per far convergere i 4 angoli verso il vertice della piramide?


    Riuscire a tenere l'allineamento verso un punto immaginario, ovvero il vertice della piramide posto a 147 metri di altezza, è stato sicuramente una delle cose più importanti durante tutta la costruzione della piramide, in particolare all'inizio della posa, dove anche pochi millimetri di errore avrebbero comportato poi un disallineamento intollerabile, anche di qualche metro a 147 metri di altezza. Ognuno dei 4 angoli, doveva venir tirato rispettando ad ogni costo gli stessi identici gradi d'inclinazione degli altri.


    A mio avviso, dalla posa dei primi 4 blocchi angolari (perfettamente squadrati), 4 abili geometri dotati di un rudimentale glisigoniometro (vedi disegno ipotetico), avrebbero indicato con opportuni segnali, l’esatta posizione dei blocchi esterni, lucenti e levigati.


    Come detto, la tolleranza d'errore doveva essere nulla, poiché una sommatoria di piccoli errori, anche millimetrici, avrebbero falsato la forma della piramide, con grande disappunto del dio Ra…!


    Il glisigonimetro per determinare e mantenere durante la costruzione

    la convergenza dei 4 angoli verso il vertice della piramide



    Il posizionamento dei quattro blocchi cantonali, posti in opera in modo assolutamente esatto, possono aver permesso agli architetti di dare i giusti allineamenti dei lati orizzontali e degli angoli verso il vertice piramidale.


    Per formare i quattro angoli in pianta a 90°, tecnici con paline di allineamento e strumenti di misurazione, hanno tracciato il perimetro di base quadrato. Essi conoscevano le terne, oggi chiamate Terne Pitagoriche, già note agli egizi e ai babilonesi, formate dai numeri 3-4-5, ovvero (3x3)+(4x4)+(5x5), oppure (6-8-10) (6x6) + (8x8) + (10x10), ovvero il teorema di Pitagora. Si tracciava l’angolo retto, permettendo così la giusta realizzazione del quadrato perfetto della base piramidale di metri lineari 230 x 230 circa.


    Il glisigoniometro doveva essere formato da una riga di legno lunga qualche metro, perfettamente dritta e dotata di un filo a piombo e due mirini che posizionato secondo l’angolazione stabilita, determinata dal filo a piombo, permetteva di dare la giusta angolazione e posizione ai blocchi cantonali posti di seguito, in ascesa. Era indispensabile tracciare le due diagonali per puntualizzare il centro della base piramidale, affinché esso con l’uso del filo a piombo, determinasse il vertice esatto del punto di congiunzione delle 4 diagonali, a 147 metri di altezza. È consequenziale che il centro della base piramidale, posto all'interno del nucleo in blocchi sbozzati, venisse progressivamente traslato verso l'alto con il filo a piombo dopo la posa di ogni strato successivo di blocchi levigati esterni.


    Da sinistra a destra: rampa zig-zag (Uvo Holscher), rampa che utilizza la parte incompleta della sovrastruttura (Dieter Arnold) e rampa a spirale

    supportata da sovrastruttura (Mark Lehner).


    Esempi di grandi rampe diritte




    L'ipotesi delle rampe secondo varie teorie


    A seguito di un semplice esperimento ho misurato la distanza a cui un uomo (dotato di una vista di 10/10), riesce a traguardare un punto o una linea di collimazione: si tratta di circa 200 - 300 metri. I 10/10 di un geometra egiziano sono paragonabili agli stessi di uno di 4.500 anni dopo ed è plausibile che i progressivi allineamenti venissero eseguiti appunto con i fili a piombo del glisigoniometro e con filo a piombo centrale, e così strato dopo strato, eventualmente su postazioni intermedie realizzate specificatamente, per permettere agli architetti di eseguire gli allineamenti e verificare di continuo, onde evitare imperfezioni, difficilmente risanabili, data la natura dura dei blocchi di Tura!






    Le pareti lisce fungevano da rampe


    L’attenzione dei tecnici si estendeva con il massimo zelo in particolare al collocamento dei blocchi esterni levigati, i quali dovevano essere posti ben allineati ed in piano perfetto. La tolleranza d'errore era nulla, poiché i grossi massi non potevano essere ritoccati durante la posa in opera (almeno così io credo).


    I blocchi delle cave di Tura sono ben lavorati e lisciati e se ne possono ancora vedere moltissimi in svariate piramidi, rappresentando la muratura finale a vista, assai importante nella sua funzione estetico - religiosa, dato che la piramide doveva “splendere” per gli Dei.


    Tuttavia, oltre a questa funzione estetico - religiosa, tale finitura e la stessa inclinazione, avevano, a mio avviso, uno scopo costruttivo ben preciso e geniale: essere un piano inclinato che permettesse di tirare su gli altri blocchi, a mezzo di pedane provviste di ruote, mano a mano che si erigeva la piramide stessa.


    La teorie delle rampe viene messa sempre più in discussione e non occorre soffermarsi tanto in merito. Il loro volume mette seri dubbi sulla sua fattibilità, soprattutto per il fatto che potevano essere escogitate soluzioni più semplici benché più ingegnose. Perché costruire delle rampe aggiuntive, quando i 4 lati della piramide stessa sono dei piani inclinati?


    Trasporto dei blocchi di pietra attraverso una grande rampa diritta



    Si potrebbe obbiettare che le rampe hanno una pendenza inferiore rispetto ai 51° 19° di inclinazione dei lati della piramide, ma se si considera che il traino dei blocchi potesse essere un qualcosa di “normale”, una tecnica conosciuta e ampiamente sperimentata dagli Egiziani, si può anche ipotizzare che simili pendenze non spaventassero più di tanto i costruttori e gli operai dell'epoca.


    Credo che tra la scelta di realizzare mostruose rampe e l'ipotesi di tirare su i blocchi usando le stesse pareti che si andavano formando, corso dopo corso, non ci fossero molti dubbi. I disegni che seguono, cercano di spiegare molto schematicamente il modo di sollevare i blocchi durante la costruzione.


    È possibile che per agevolare il passaggio dei primi blocchi pesanti 2.500 kg, dal piano del terreno a quello delle pareti-rampe della piramidi, si realizzassero delle piccole rampe di raccordo, magari in legno, per alleggerire il tiro. I blocchi da 800 kg venivano trascinati sulle pareti inclinate con pendenza del 126%. In pratica, ogni nuovo strato aveva uno spessore di circa 1 metro.


    Le pareti della piramide fungono da rampa. Si potrebbe supporre l'inserimento di piccole rampe di raccordo tra il terreno e il lato della piramide



    Con ciò, la costruzione della piramide seguiva più o meno lo stesso procedimento di trascinamento dei blocchi, utilizzato per portarli fuori dalle cave su rampe inclinate, fatte dello stesso materiale. Escludo che usassero le slitte di trasporto blocchi sulle pareti esterne della piramide, perché l’attrito, per quanto potessero lubrificare il percorso, avrebbe intaccato, sporcato ed eroso la superficie liscia e lucente della piramide e ciò avrebbe vanificato il lavoro, dovendo l’opera splendere e brillare come una stella, per gratificare gli Dei.


    Ipotizzo che le ruote fossero rivestite di panni o corde di canapa o lino, tessuti allora esistenti, per evitare che l’attrito potesse rigare le pareti lucenti.


    Essendo i lati del quadrato del primo strato di blocchi della piramide, di 230 m x 230 m, su tale superficie (pari a 5 campi di calcio), si disponeva di spazio sufficiente per numerosi gioghi di buoi e operai, per tirare su e sistemare tutti i blocchi degli strati successivi.


    Fasi iniziali di costruzione in contemporanea del nucleo interno in blocchi grezzi

    e del rivestimento che funge anche da rampa.



    Come detto, con questo metodo, non sarebbe occorso costruire le classiche “rampe di sabbia”, come spesso abbiamo imparato a scuola, dato che i lati stessi della piramide diventavano, strato dopo strato, le rampe di trasporto dei blocchi.


    Questa teoria esecutiva, può ipotizzare che 2.500.000 blocchi possano essere stati posti in opera in tempi ragionevoli. La sola costruzione e successiva demolizione delle ipotetiche rampe avrebbe richiesto invece un tempo doppio rispetto alla costruzione della piramide stessa!

    Rampa d’accesso alla camera sepolcrale per il trasporto dei monoliti

    e piccole rampe di raccordo per i primi blocchi da 2500 kg usati negli strati più bassi


    Rappresentazione di come sia stato possibile trasportare e posare un immenso numero di blocchi, probabilmente grazie ad un vero e proprio “arrembaggio”, coordinato da valenti capi-cantiere che dirigevano le operazioni con eccezionale maestria



    Posa dei blocchi grezzi del corpo centrale e di quelli ben levigati per il rivestimento.

    Il peso e le dimensioni diminuiscono con l'altezza.



    Nei disegni si rappresenta la sistemazione dei due tipi di blocchi, quelli grezzi al centro, quelli di Tura ben rifiniti all’esterno. La sistemazione dei blocchi d’arenaria sbozzati grossolanamente, avveniva accatastandoli all’interno della base tronca della piramide, con uso di piani inclinati a pendenze più agevoli, mentre uno strato esterno di pietra rifinitissima veniva accuratamente posizionato e ben allineato in modo da permettere la convergenza degli angoli alla cuspide piramidale.


    Fase finale della costruzione della piramide.

    Benché la superficie apicale si restringa, lo spazio per il tiro è sufficiente.



    Gli strati più bassi erano formati da blocchi alti 1 metro e pesanti circa 2,5 tonnellate, ma il peso di quelli successivi decresceva, diminuendo in grandezza, fino ad arrivare a circa 800 kg. E anche possibile ipotizzare che si mettessero in opera blocchi più leggeri, quando non era più possibile servirsi della trazione animale, a causa della minore superficie della base tronca piramidale, restando soltanto la trazione umana. Il trasporto di tali massi è pertanto assolutamente “umano” e non presenta particolari difficoltà di percorso. La forza di trazione, a quel tempo non mancava (uomini e animali a volontà), si trattava solo di agevolare l’ascesa dei blocchi nel modo più semplice, con un duplice scopo: rivestire la piramide di pareti lucenti e usare le stesse come piano di salita.


    Analizziamo ora il trasporto dei monoliti di granito che dovevano formare la camera sepolcrale. Essi pesano dalle 20 alle 80 tonnellate. Dalla sezione della piramide si è rilevato che la camera sepolcrale, a quota +50 metri, è raggiungibile mediante una rampa con pendenza del 50% (25°). La superficie della base tronca della piramide a quota +50 metri è di 150 x 150 metri, ovvero una superficie più che sufficiente (pari a due campi di calcio), da permettere il dispiego in lunghezza dei tiri di numerosi gioghi di buoi e operai per il traino dei pesantissimi monoliti. Pertanto essendo riusciti a portare a quota + 50 metri blocchi pesanti 80 tonnellate suppongo che con maggiore facilità gli egiziani abbiano trasportato a quota +140 metri massi da 800 kg!


    Il trasporto dei monoliti della camera sepolcrale




    Alcune considerazioni

    sul ritmo di costruzione e sui pesi in gioco


    Trovo importante puntualizzare che i trasporti dei pesanti monoliti, si dovessero eseguire senza pausa, con un unico tiro, dato che l’interruzione della velocità d’ascesa e la forza di gravità, avrebbero determinato una catastrofica ridiscesa dei pesanti massi. Occorre inoltre ricordare che essi furono trainati dentro la camera sepolcrale su rampe con pendenza del 50%.



    Ripassando un poco di Fisica, si evince che un dato peso-corpo, (ovvero la forza di gravità che attira un corpo al centro della Terra), se viene trascinato, non corrisponde al peso effettivo. Se infatti trascinassimo 80 tonnellate (il peso medio dei monoliti della camera sepolcrale), su un piano inclinato con una pendenza del 50%, in realtà non si trascinerebbero 80 tonnellate ma solo 34. Si avrebbe infatti:


    pendenza 50% = 25° = sen 0,422

    80 tonn. x sen 0,422 = 34 tonnellate


    34 tonnellate sono sicuramente un carico considerevole, ma è sempre molto meno delle 80 che frettolosamente si pensava dovessero essere state tirate su. Sarebbero state 80 tonnellate solo se le si sollevassero tout-court in verticale. Il discorso vale (e rende anche più “umani” i carichi ) se si prendono in considerazione i blocchi più piccoli che alla fin fine rappresentano circa l'80% di tutti quelli della piramide, che, a mio avviso, vennero appunto tirati lungo le 4 superfici verticali della piramide.


    Se prendiamo per esempio un blocco da 2,5 tonnellate, trascinato lungo le pareti della piramide, che hanno una pendenza del 126%, si ha che il peso non sarà 2,5 tonnellate, bensì 1,97. Si ha infatti:


    pendenza 126% = 52° = sen 0,788

    2,5 tonn. x sen 0,788 = 1.97 tonnellate


    Con la stessa pendenza e con lo stesso calcolo, i blocchi da 1,5 tonnellate peseranno al “tiro” 1,18 tonnellate e così i piccoli blocchi da 0,8 tonnellate ne peseranno solo 0,63.


    Ecco la spiegazione fisica relativa alla differenza tra il peso/forza generato

    dalla forza di gravità e il peso/forza che occorre per trascinare un dato corpo.

    Il camion pesa 1000 kg, ma ne occorrono solo 788 (+1) per spostarlo.



    I suddetti calcoli ci mostrano che la trazione dei blocchi con pianali provvisti di ruote e funi è assolutamente umana, normale e di facile attuazione. Quando la piramide cresce in altezza, ad ogni successivo strato la superficie di calpestio ovviamente diminuisce, ma rimane sempre sufficientemente ampia da contenere un certo numero di operai e buoi per poter trascinare blocchi da 630 kg. Tali blocchi diventano ancora più piccoli e quindi leggeri, quando si raggiunge la superficie che ospita il Pyramidion, l'ultimissima parte della piramide, che misura 11 x 11 metri, ovvero 121 mq. Su tale superficie, una trentina di operai, potevano lavorare agevolmente tirando su gli ultimi blocchi e posare il rivestimento di lamine d’oro.


    Supporto per impedire che la corda strisciasse sulla roccia, evitando l’usura e il trancio




    Il tempo di costruzione e il numero di operai


    E’ importante ricordare che alcuni egittologi, fra cui George Goyon, hanno ipotizzato un tempo di circa 3 minuti per posare ogni singolo blocco dei 2.500.000 blocchi complessivi che compongono la piramide di Cheope. Tale frequenza sarebbe stata probabilmente impensabile con la teoria delle rampe, che avrebbe significato un periodo di 20 - 30 anni di lavoro, svolto solo durante i tre mesi delle piene del Nilo, quando non si poteva coltivare a causa dell’inondazione.


    Ipotizzando di riuscire a posare 1 blocco ogni 3 minuti avremmo: 60 (minuti) : 3 = 20 blocchi/ora. Per circa 10 ore lavorative al giorno avremmo quindi circa 200 blocchi posti in opera ogni giorno. Dividendo i circa 2.500.000 blocchi che compongono la piramide per i 200 blocchi posati al giorno, avremmo un totale di 12.500 giorni lavorativi. Anche ipotizzando circa 300 giorni lavorativi all'anno, la teoria di Goyon porterebbe a credere che siano stati necessari 41 anni e 6 giorni per concludere l'opera.


    Si dice che il regno di Cheope, secondo il Canone Reale, sia durato 23 anni, benché non ci siano concordanze su questo. In tutti i casi, 41 anni sarebbero un tempo poco compatibile con la lunghezza media di un regno di qualsiasi faraone.


    Rappresentazione schematica delle cordate di traino distanti 5 metri fra loro



    Io propongo invece un altro calcolo, basato sul numero di tiri o cordate, necessari per posare tutti i 2.500.000 blocchi, dimensionati alle superfici decrescenti dei vari strati orizzontali di blocchi, che si andavano costruendo. Prendendo per un attimo per buona la teoria delle cordate di funi contemporanee, su ogni lato dell'opera, il calcolo potrebbe portare ad altre conclusioni. Se si collocano cordate di traino dei blocchi su ogni lato della piramide, a distanza di circa 5 metri l'uno dall'altro (per permettere agli operai e animali di tirare agevolmente senza intralciarsi vicendevolmente), e decrescendo di numero ogni volta che la costruzione si eleva di circa 10 metri in altezza, si hanno 14 quote, corrispondenti ad altrettante piattaforme di lavoro, sulle quali, mano a mano, si sarebbero potuti tirare su tutti i blocchi.


    Partendo dal piano di terra, e ipotizzando appunto una distanza di circa 5 metri tra ogni tiro di fune, avremmo avuto fino all'altezza di 10 metri circa 41 cordate su ogni lato. A 20 metri avremmo avuto 39 cordate su ogni lato e così procedendo a diminuire in base alla corrispettiva diminuzione delle superfici della piramide che si andava restringendo.


    Nella tabella che segue si è voluto calcolare i singoli tiri per i 14 supposti livelli di costruzione. Il numero degli operai, che lavorarono effettivamente all'opera, partono da 1640, per i primi 10 metri di altezza, per poi diminuire sempre di più e rimanere in 40 durante la costruzione degli ultimi 10 metri, ossia tra i 130 e 140 metri d'altezza. Non si conteggiano gli operai che assistono i lavori da terra e quelli impegnati con l'estrazione e

    il trasporto dei blocchi a piè d'opera.


    Cordate 314 : 14 = 22 (circa); pareti n. 4 x 22 = 88 unità medie di traino




    Tempistica di costruzione

    ipotizzata con il metodo dei tiri di fune decrescenti

    e ipotizzando i blocchi a piè d'opera


    Le cordate, lavorando in progressione simultanea, avrebbero probabilmente potuto issare un considerevole numero di blocchi. Di seguito si propongono 3 ipotesi.


    1) Prendendo per buono il calcolo di G. Goyon, ovvero quello di posa di un blocco ogni 3 minuti e ipotizzando che i blocchi siano portati con le combinazione di cordate, nella tabella suddetta, che ipotizza cordate poste a 5 metri l'una dall'altra per una media complessiva di 22 cordate a parete x 4 = 88 cordate complessive, si avrebbero:

    60 minuti : 3 blocchi = 20 blocchi per ogni cordata in 1 ora;

    20 blocchi x 88 cordate = 1760 blocchi per ogni ora.

    Ipotizzando di far lavorare gli operati per circa 10 ore al giorno, si avrebbero:

    10 ore x 1760 blocchi = 17.600 blocchi al giorno.

    Dividendo quindi i 2.500.000 blocchi complessivi per i 17.600 blocchi posati al giorno, avremmo un tempo totale di costruzione di 142 giorni, un'ipotesi alquanto improbabile.


    2) Ipotizzando in 10 minuti, il tempo per l'elevazione e la posa di un blocco (invece di 3 minuti), i tempi si allungherebbero: si avrebbero infatti 6 blocchi ogni ora per ogni singola cordata. Tenendo sempre per buona la media di 88 cordate, ognuna della quali processa x 6 blocchi/ora x 88 = 528 blocchi trasportati ogni ora, per 10 ore al giorno si avrebbero 5.280 blocchi posati ogni giorno. Dividendo i 2.500.000 blocchi complessivi per i 5.280 giornalieri avremmo 473 giorni, ovvero 1 anno e 173 giorni di lavoro (considerando l'anno lavorativo di 300 giorni).


    3) Ipotizzando, infine, che ogni cordata sollevi e metta in opera 2 blocchi ogni ora, 2 x 88 = 176; ore 10 x 176 = 1760 blocchi giornalieri, si avrebbero (con gli stessi calcoli) 1760 blocchi posati in un giorno. Dividendo i 2.500.000 blocchi complessivi per 1760 blocchi giornalieri avremmo 1420 giorni, pari a 4 anni e 73 giorni di lavoro, per posare tutti i 2.500.000 blocchi.


    4 anni e 73 giorni sono un tempo ragionevole

    e forse un tempo reale di costruzione.




    Il ritmo di estrazione dei blocchi dalle cave


    I disegni illustrativi e i suddetti calcoli vorrebbero aprire una nuova riflessione sulla posa in opera di 2.500.000 di blocchi per la piramide di Cheope e il tempo effettivo di realizzazione. Se la stima, approssimata, del tempo di posa dei blocchi, secondo la 2° o 3° ipotesi, fosse accettata e supponendo d'avere i blocchi di pietra già a piè d'opera, ci poniamo però una domanda: a quanto ammonta il tempo di estrazione dei blocchi dalle cave e il trasporto di essi al cantiere? A questo punto tutto si complica!


    L'analisi della tempistica di costruzione, ovvero della “frequenza di posa” dei blocchi, va pertanto, a mio avviso, analizzata congiuntamente al lavoro d'estrazione dei blocchi di arenaria dalla cava vicina scoperta recentemente e quelli di calcare duro dalle cave di Tura distanti 20 km circa da Giza.


    Il blocco di calcare duro è molto più difficile da lavorare, con gli attrezzi di rame o bronzo dell’epoca. Quanto tempo impiegava una squadra di scalpellini ad estrarre un blocco grezzo di arenaria o uno di Tura a squadrarlo, lucidarlo e caricarlo sulle slitte? E quanto tempo impiegavano per portarlo sul sito, in modo da garantire una posa, ad esempio, secondo il Goyon, di 3 minuti cadauna?


    Ma essendo anche più benevoli e ipotizzando 20 ore a blocco per cavarlo, squadrarlo e lucidarlo, avremmo sempre 50.000.000 di ore, che, sempre ipotizzando giornate lavorative da 10 ore, corrispondono a 166 anni!


    Metodi di estrazione dei blocchi di pietra dalla cava



    Quante squadre di scalpellini lavoravano nelle cave per ricavare un numero di blocchi, capace di alimentare la fabbrica della piramide?

    Le indicazioni di Erodoto, parlano di circa 20 anni per la costruzione.

    Si potrebbe fare una suddivisione dei tempi necessari alla produzione dei blocchi interni (appena sbozzati) e di quelli del rivestimento (più laboriosi), ma tali calcoli potrebbero darci maggiori informazioni sulla tempistica?


    Prendendo per buona la 3° ipotesi, se con i blocchi a piè d’opera, le cordate di traino riuscivano a metterne in opera 1760 al giorno, è altresì necessario studiare i metodi di estrazione del materiale occorrente, il numero degli operai e i trasporti con slitte e con carri a ruote, dove questo era possibile.


    Squadratura e lucidatura dei monoliti



    All'estrazione dei blocchi quante squadre di operai che lavorassero tutto l’anno si potevano dedicare per produrre un quantitativo di materiale da mettere in opera, con un maggiore spiegamento di forze, durante i mesi di inondazione del Nilo?


    Come si è ipotizzato in precedenza, il traino poteva esser svolto senza eccessive difficoltà, ma sulle tempistiche dell’estrazione permangono a mio avviso molti dubbi. Quanti blocchi venivano prodotti al giorno? E quanti ne venivano trasportati al cantiere della piramide?


    Sistemazione dei monoliti sopra le slitte


    Non si tratta solo di studiare quello che succedeva a Giza, ma anche quello che succedeva nei siti di estrazione dei materiali e durante il trasporto. Senza tali dati anche approssimati, non si può capire l’approvvigionamento continuo dei blocchi alle cordate di traino. E questo per non parlare dei poveri strumenti che gli operai potevano disporre per cavare i blocchi. Tralascio pertanto questo argomento, non possedendo dati, che mi allontana dalla mia teoria di costruzione della piramide.


    Trasporto dei monoliti al cantiere della piramide




    Le metodologie di rivestimento metallico

    del Pyramidion


    A seguito di studi, gli archeologi hanno dedotto che raggiunta la quota di 140 metri d'altezza (circa), sulla piazzuola tronca di dimensioni 11 x 11 metri, vi fosse sistemato il Pyramidion ricoperto da lamine d’oro, affinché potesse risplendere ed essere visto persino dagli Dei. Ipotizzo che queste lamine d’oro fossero inchiodate su lastre di rame più spesse e robuste, le quali rivestivano una struttura in muratura, resistentissima all’azione dei venti, che a quella altezza sono notevoli. Si ipotizza l’uso di blocchi più piccoli per la parte apicale, ma sufficienti a garantire un valido supporto al rivestimento metallico per il completamento della cuspide piramidale.

    Fase finale di lavorazione della piramide. E' l'ultimo livello a 140 metri dal suolo,

    su una superficie di 11 x 11 metri, prima della costruzione del Pyramidion.



    La costruzione del Pyramidion, con blocchi più piccoli.

    Notare i ponteggi e i collegamenti tra essi. Siamo tra 130 e 147 metri di altezza dal suolo.



    Per lavorare sulla cima della piramide, erano indispensabili dei ponteggi sicuri per gli operai, dato che si trovano a 147 metri dal suolo, altezza massima della piramide (sino alla costruzione della Torre Eiffel, nessuno operaio aveva mai lavorato così in alto). Questi ponteggi a sbalzo furono probabilmente realizzati, ordinando agli scalpellini di eseguire dei fori o barbacani di posa, nei blocchi di rivestimento per l’alloggiamento dei legni a sbalzo, come si faceva nei tempi passati anche nelle costruzioni delle cattedrali in Europa. Tali fori dovevano essere otturati, a fine lavoro, con tappi della stessa pietra e dimensioni, affinché si garantisse l'omogeneità della superficie.


    I blocchi apicali, essendo più leggeri, necessitavano di minor forza per la loro sistemazione in cima e si presuppone che anche 8 - 10 uomini fossero in grado di tirare su i blocchi. Coloro che lavoravano in quota dovevano essere abilissimi e sicuramente non soffrire di vertigini mentre lavoravano sulle impalcature di legno.


    Si suppone che nelle fasi finali della costruzione del Pyramidion essi lavorassero in robusti cestelli di vimini, fibra che ancora oggi cresce lungo le sponde del Nilo, così come di vimini era il materiale per i contenitori necessari a trasportare in cima cibo, acqua, utensili, assi di legno e gli stessi tappi per otturare i fori dei barbacani.


    L’ultimazione del Pyramidion.

    Notare i ballatoi e il sistema di collegamento e trasporto degli ultimi materiali.



    Ultimato il lavoro di rivestimento metallico del Pyramidion, il ponteggio veniva smantellato, finché fosse possibile agire stando sulla parte restante, ma a seguito dell’estrazione delle ultime travi a sbalzo si procedeva all'immediata otturazione dei fori.


    Fase di smantellamento dei ponteggi e rimozione dei tronchi

    che sostengono le pedane di lavoro



    L’ultima trave a sbalzo doveva essere rimossa da un operatore alloggiato in una gabbia di vimini per procedere poi all'otturazione dell’ultimo foro.


    Fase di chiusura dei fori delle sedi delle assi che sostenevano i ballatoi



    I disegni seguenti mostrano alcuni dettagli per il completamento dell’opera, ipotizzando le difficoltà che si incontrano ancora oggi durante la costruzione di un edificio e in particolare alla vertiginosa altezza di 147 metri.


    Operaio su un ballatoio



    Inizio smantellamento e discesa degli ultimi operai



    Altre fasi dello smantellamento dei ballatoi, a mezzo di cestini con ruote, che permettevano di scorrere lungo le pareti. Rimozione degli ultimi assi che sorreggono

    i ballatoi ed inserimento dei tappi di chiusura delle sedi.



    Smantellamento dei ballatoi, operaio sul cestello con coltello per recidere le corde.



    Perno di scorrimento funi, utilizzate per i cestelli e il carico degli ultimi materiali.

    Tali perni dovevano essere inserite nel rivestimento esterno.



    Queste ipotesi, che vorrebbero affiancarsi a molte altre (alcune molto fantasiose e spesso quasi grottesche, come quella che ipotizza rampe fatte di sale, che si sarebbero disciolte con l’esondazione del Nilo…), si basano su principi semplici, prendendo in considerazione solo l’uso dei mezzi primordiali di allora. L’utilizzo della ruota e quindi dei carri da trasporto blocchi farà forse discutere, ma gli egizi la conoscevano e la usavano non solo nei carri da battaglia! Essa veniva usata in presenza di terreni duri e sulle rampe della cava. Laddove sui terreni sabbiosi le ruote affondavano allora venivano utilizzate le slitte.




    Lavorare a 147 metri di altezza


    Come ho ipotizzato, la discesa e la salita degli operai e dei materiali in cima alla piramide poteva forse avvenire per mezzo di scale a pioli di servizio, che si allacciavano a dei ponteggi intercalari sulla parete.

    E’ necessario a questo punto porsi delle domande pratiche sull'approvvigionamento logistico di chi lavorava a grandi altezze: quanta acqua e cibo, occorreva loro giornalmente? Dove veniva depositato tutto questo materiale? Dormivano in quota per tutta la settimana o discendevano alla fine di ogni giornata? Esistevano dei turni di lavoro? Lavoravano anche di notte con l'ausilio delle fiaccole? Come facevano per feci e urine, come e dove venivano smaltite? Tengo a precisare che le pareti della piramide dovevano essere bianche, lucenti e immacolate in onore degli Dei, pertanto posso solo immaginare quanta attenzione a ciò sia stata prestata. Non credo che gli operai defecassero sulla cima della tomba del faraone!


    Opera ultimata e discesa degli ultimi operai




    Riepilogo


    In ultima analisi, se gli operai sono riusciti a trascinare nella camera sepolcrale del faraone dei blocchi di granito pesanti 20-80 tonnellate (che si riducono a 34 tonnellate, in termini di peso da spingere), nel corridoio di scorrimento con pendenza del 50% sarebbero stati necessari 170 uomini, potendo tirare ciascuno 200 kg. Se aumentiamo la capacita di tiro a 300 kg, sarebbero bastati allora 113 uomini. Ma potendo usare anche animali da traino, il numero degli operai sarebbe diminuito. Alla quota della camera sepolcrale, c’era sufficiente spazio per far lavorare svariati gioghi di buoi, poiché ci si trova sulla base tronca, che presenta ancora dimensioni 150 x 150 metri pari quasi alla superficie di due campi di calcio, quindi sufficiente per tutte le operazioni di traino dei grossi monoliti di granito. Figuriamoci quindi, con quanta facilità possono aver trascinato blocchi da 630 kg a quota 140 metri con soli 10 operai a cordata di traino.




    Conclusione


    In conclusione, a mio parere, il sollevamento dei blocchi potrebbe esser avvenuto nel modo più semplice ed elementare, ovvero trascinandoli. Gli architetti egizi Hemiunu e Imotep dovevano essere sicuramente dotati di grande intelligenza e fantasia, capaci di competere con i vari Archimede, Vitruvio, Brunelleschi, Leonardo, Michelangelo, etc., che li seguirono, e credo che l'ipotesi delle rampe l'avessero scartata a priori.



    Sassari, 2 Giugno 2020


    Dott. Geom. Urbanista Benito Schirru



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